Museo/Monumento

ORATORIO DI S. ROCCO

Descrizione
L’Oratorio, posto a fianco della chiesa parrocchiale, vicina al municipio, sullo sfondo il castello, domina piazza Sprea nonostante la sua non eccessiva struttura architettonica crea una simbiosi armonica tra natura, spazio e architettura. La chiesa nel corso dei secoli ha subito diverse modifiche, troncamenti strutturali, funzioni e fruizioni da religiose a civili pur rimanendo a livello visivo, volumetrico e sentimentale un punto focale importante del circostante agglomerato urbano e per tutta la popolazione illasiana, che l’ha sempre identificata come immagine “religiosa”.
Il suo prospetto frontale posto ad ovest, tradisce tra i suoi elementi architettonici e formali una passata armonia, ora in parte alterata da rimaneggiamenti che non hanno rispettato la sua simmetria, semplice nella composizione forometrica e delle superfici, come lo era quella delle chiese minori, riccamente rappresentate sul territorio di Illasi.
Dopo i recenti interventi di restauro, alcuni di questi aspetti sono stati sapientemente recuperati e ora si ha una più “tranquilla” visione nella lettura del suo insieme. Il tetto a due falde richiama la composizione a capanna. Al centro la finestra a bifora è divisa da un’elegante colonnina con capitello a tronco di piramide capovolto, che dà inizio all’imposta dei due archi che la determinano, il tutto sorretto da un piano in pietra. La facciata nel suo insieme è caratterizzata dal portale rettangolare e dalle due ampie finestre laterali che accentuano aspetti tipici dell’arte del XVII secolo, cancellando i precedenti elementi romanici indubbiamente più consoni con l’insime che gli attuali fortemente incisivi. Il portale è in pietra di Vicenza, caratterizzato da un forte architrave, agli estremi due mensole aggettanti rispetto il piano di fondo a voluta, due settori lapidei ad arco terminanti con spirali creano una superficie sacra aperta dove doveva trovare alloggio un crocifisso o un riferimento sacro. Ai lati le due finestre, con pesanti grate, riprendono nelle fasce portanti modanature, scanalature del portale, né descrivono la forma in modo vincolato a dei canoni non più rispettati. La parte alta e il colmo del tetto sono il frutto d’ampliamenti successivi, il tutto inscritto in un timpano a cornice in pietra, purtroppo non in asse con il restante insieme, al centro del cateto orizzontale, la sagoma a riporto di una finestra a lunetta cieca. In alto, in corrispondenza del lato sinistro della facciata, si trova l’edicola con tettuccio a due falde, aperta ad arco a tutto sesto, dove trovava alloggio la campana, di piccole dimensioni vista la profondità.
La pianta dell’interno è rettangolare e anch’essa risente dei tanti cambiamenti subiti sia come edificio religioso, che come spazio abitativo civile, i suoi lati misurano in lunghezza 18,70 metri e in larghezza 6,70 metri. Dagli studi eseguiti dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto Nucleo Operativo di Verona si può comprendere e capire nel dettaglio scientifico, tutto l’operato di un’ indagine che riscopre e valorizza un luogo rilevante che viene ad arricchire soprattutto il patrimonio artistico culturale del nostro paese. Dalle tracce emerse durante la campagna di scavo archeologico si sono identificate le fasi più antiche, l’idioma primario di un sito sacro, le manomissioni, le alterazioni, le diverse interpretazioni funzionali che l’uomo ha adattato a seconda delle sue necessità. Dell’architettura originaria di una prima chiesa, alto medievale, restano parti di fondamenta e l’andamento semicircolare dell’abside oggi leggibile nella diversa cromia del pavimento. Successivamente a questo tempio, dopo la demolizione, venne edificato un edificio civile, lo identificano a terra, parti in ciottolato e pietre. La chiesa romanica, nel suo insieme ordinato, doveva presentare forti analogie con le vicine S.Felice e S.Zeno, ad aula unica, rivolte con l’ingresso ad ovest e con abside ad est. Entrambe ci testimoniano la loro funzione sacra, ancora oggi, le loro pareti erano la Bibbia dei poveri, immagini sacre distese a nastro contornate da bordi e cornici scure, un racconto visivo dei testi Sacri, o della vita di un santo. Dal recupero delle pareti laterali, dagli intonaci, sono emersi pochi frammenti pittorici, ma anche qui sicuramente doveva coesistere un più complesso apparato figurativo, di tutto ciò ci è pervenuto un bellissimo affresco raffigurante San Cristoforo. La sua lettura iconografica e iconologia evidenzia una devozione popolare diffusa e la conferma di molti caratteri tipici degli affeschi del primo romanico. La figura è piatta nelle sue campiture cromatiche inscritta con bordi e linee che delimitano il soggetto, non è visibile nessun accenno alla prospettiva intuitiva.
San Cristoforo impugna il vincastro, bastone, germoglio della nuova fede, sorregge sulla spalla destra il Bambino Gesù. La fisionomica delimita con forza i tratti del viso, fisso nello sguardo frontale, gli zigomi due forme circolari, una grande aureola ne amplifica la santità, pochi gli elementi decorativi, risalta il mantello scuro che cadendo dalle spalle circoscrive tutta la sagoma del santo. Al centro, la cappa, si divide in due parti, si percepisce al di sotto la tunica più chiara nei toni. Il Bambino è piccolo nella proporzione tra le figure, poggia sicuro sulla spalla, un braccio verso il Santo simbolo della sicurezza del viaggiatore pellegrino, suscita in noi tenerezza.
La pavimentazione doveva essere semplice, tipica di questi luoghi della meditazione, fatta come per le murature con ciottoli e pietre del posto, creando involontariamente tessiture assai efficaci nel disegno, oggi tanto rivalutate in tutte le operazioni di restauro conservativo. Come nella vicina Abbazia di S. Zeno a Cellore, anche qui si interviene con un troncamento. E’ visibile sulla parete est il bordo dell’arco di accesso all’abside demolita, difficile individuarne le cause e il tempo in cui c’è stato questo danneggiamento.
Nel XV secolo, l’oratorio subisce un forte cambiamento, in molte sue parti strutturali e sulla pavimentazione, dovuta alla costruzione di una fornace per la fusione del bronzo per campane. La sua sistemazione, rispetto all’attuale perimetro è al centro. E’ una fornace a cestone, come quelle descritte in un suo manuale da Biringuccio nel 1535, e pubblicato a Venezia. La fornace di forma circolare era sostenta da una struttura in legno, con supporti verticali, formava una specie di coppa, tamponata sulle pareti con argilla e materiali vegetali, una volta usata veniva distrutta. A poca distanza dal forno, il piatto concavo del crogiolo con il canale di trasporto del bronzo fuso e la matrice di una campana.
Nelle vicinanze tra la sabbia e il limo è stata trovata una moneta in argento databile tra il 1453 e il 1457, attribuita al Doge Foscari. Molto probabilmente durante queste operazioni di fusione, la chiesa non aveva il tetto e diveniva un’officina per la metallurgia. E’ anche in questo periodo che si tampona l’arco trionfale e si sposta l’altare all’interno della chiesa, nel suo perimetro attuale. Ma nonostante tutto ciò nella seconda metà del 1700, la chiesa non è più un luogo sacro, ma viene utilizzata per scopi civili ed è a questo periodo che risalgono il grande camino ricavato nella parete est e la una vasca circolare, simile ad un pozzo strutturato nella parete con sassi, ciottoli, pietre per la raccolta dell’acqua. La sua destinazione funzionale non è ancora chiara, se è servito all’uomo e alle attività lavorative o agli animali come ricovero o sostentamento. Nel XVIII secolo, vi furono altri cambiamenti, tutti strettamente legati al rinnovamento che la Chiesa attuò dopo il Concilio di Trento, come l’abbellimento con altari marmorei e aperture più luminose, come quelle fatte lungo la parete sud ovest.
La funzione di culto della chiesa prosegue anche tra la fine del XIX e il XX secolo divenendo un riferimento specifico della vita religiosa e sociale del paese, attraverso riti, processioni e fiere, come quella di San Rocco nel mese di agosto.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’Oratorio fu venduto a privati. La prima operazione attuata fu il recupero dei resti al centro della pavimentazione della chiesa della tomba ossario. Al suo interno furono costruiti tutti quegli spazi e tamponature adatte ad una civile abitazione.
I restauri che hanno riportato l’Oratorio di San Rocco alla riqualificazione architettonica e all’attuale funzione di spazio per la cultura e la musica sono terminati nel 2009.

M. D. F.


Bibliografia a cura di Mariano Dal Forno:
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Illasi, a cura di G. Solinas, Verona, 1960, p.7
STORIE SEPOLTE, Riti e Culti all’alba del duemila avanti Cristo Mostra 25 ottobre 08 - 30 giugno09, Museo civico di Storia Naturale – Verona.
San Martino Buon Albergo. Una comunità tra collina e pianura, a cura di Marco Pasa, San Martino B.A., 1998
D. Coltro, Colognola ai Colli, San Giovanni Lupatoto Verona, 1985
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Otto Von Hessen, I ritrovamenti barbarici nelle collezioni civiche veronesi del museo di Castelvecchio, Verona,1968
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Illasi Una colonia, un feudo, una comunità,a cura di G.F. Viviani, Verona, 1991
G. L Mellini, I maestri dei bronzi di San Zeno, Verona, 1992

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