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25 aprile 2017 FESTA DELLA LIBERAZIONE DELL’ITALIA - Discorso del Sindaco, foto e video

Pubblicata il 27/04/2017



FESTA DELLA LIBERAZIONE DELL’ITALIA
DALLA OCCUPAZIONE DELL’ESERCITO TEDESCO

E DALLA DITTATURA FASCISTA

Cliccate qui per vedere i video della cerimonia e la foto gallery.
 

Discorso del Sindaco
25 aprile 2017
 

 
Benvenuti a tutti,
alle Autorità militari:
il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri
alle Autorità civili:
i sigg. Consiglieri e Assessori Comunali,
al Sindaco e al Consiglio Comunale dei Ragazzi,
 
Un benvenuto ai Rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’armi,
che ringrazio della loro significativa presenza:
agli Alpini della Sezione di Cittadella,
ai Carabinieri in Congedo Nucleo Protezione Civile di Cittadella,
ai Bersaglieri della Sezione di San Martino di Lupari,
alla locale Sezione di Galliera dei Fanti d’arresto Alta Padovana,
e ai Volontari della Protezione Civile Comunale.
 
Un saluto al prof. Giovanni Tonellotto, referente del progetto CCR, e a tutti voi Cittadini gallierani!
 
Porgo vivi ringraziamenti a padre Umberto, parroco di Mottinello Nuovo, per la disponibilità ad accoglierci nella Parrocchiale per la S. Messa e al Coro che l’ha animata.
 
Porto i saluti di don Renato, parroco di Galliera, che quest’anno purtroppo non ha potuto partecipare alla cerimonia per altri impegni.
 
 
Il 25 aprile 1945 i partigiani liberano Milano dall’occupazione dei nazisti e dai fascisti. Anche la popolazione civile insorge e vaste zone dell’Italia settentrionale - e molte città - vengono liberate prima dell’arrivo delle truppe anglo-americane che, dopo aver superato l’ultimo ostacolo della Linea Gotica in Toscana, incalzano le truppe tedesche in ritirata nella pianura Padana.
Il ritiro lungo l’asse Padova - Cittadella, verso Bassano e la Valsugana, è la strategia che i comandi tedeschi in Veneto avevano pianificato già da mesi. Egidio Meneghetti, allora Presidente del CLN Veneto, incitava dalle colonne del giornale clandestino “Fratelli d’Italia” nell’autunno del 1944, i combattenti della libertà a resistere. In una parte di quel testo già si annunciava il tremendo sacrificio della nostra terra: “Noi tutti siamo consapevoli che il passaggio attraverso le nostre terre delle schiere tedesche, in lenta fuga verso la Germania senza domani, significa rapina e distruzione e morte. Ma non piegheremo. Continueremo a combattere in difesa delle nostre terre, delle nostre famiglie, dell’anima nostra: che nel dolore si rafforza, che nella lotta senza quartiere si redime”.
Nei giorni successivi al 25 aprile numerosi furono gli atti eroici portati a termine da giovani e valorosi patrioti, molti dei quali già combattenti dall’autunno del 1943 dopo l’8 settembre.
In quei 5 giorni dove tutto sembrava sospeso tra la morte e la vita, giorni in cui la libertà mai era sembrata così vicina, così afferrabile, persero la vita per mano tedesca molti dei nostri cari. Molti tedeschi transitavano per le nostre campagne in piccoli gruppi senza contatti con i quadri superiori, la loro pazzia o la loro paura li portò a macchiarsi di delitti atroci.
Le formazioni partigiane operanti sul territorio avevano una precisa strategia, voluta e organizzata dal comando del cittadellese Gavino Sabadin, quella di effettuare gli interventi di sabotaggio simultaneamente e di agire sempre con la consapevolezza che in gioco c’era la vita di persone, fossero italiani civili o militari, o soldati delle truppe tedesche.
Il 26 aprile vengono passati per le armi a S. Giustina in Colle, in reazione all’occupazione del Paese da parte della III° Brigata partigiana Damiano Chiesa, 24 uomini e il Parroco. Poco giorni dopo si consumerà uno degli ultimi eccidi più feroci della guerra in Italia, proprio compiuto nelle nostre terre, per mano della divisione Falk comandata dal generale Polack e comprendente una robusta avanguardia di reparti di SS. Il 29 aprile vengono uccisi 136 abitanti dei Paesi di S. Giorgio in Bosco, S. Anna Morosina, Villa del Conte e S. Martino di Lovari, di cui 76 in località Cacciatora di Castello di Godego dopo una mortale processione durata chilometri.
A Galliera operava la VII° Compagnia 3° Battaglione III° Brigata partigiana Damiano Chiesa Divisione Monte Grappa, comandante della Compagnia Attilio Gobbo, gallierano classe 1918, mentre Giulio Cecchin, classe 1915, era il comandante di plotone. In tutta la campagna veneta si registravano scontri sanguinosi, spesso per opera di piccoli gruppi di soldati tedeschi in ritirata che venivano ostacolati dai partigiani locali.
 
Il mattino della domenica 29 aprile 1945 gli Alleati, dopo aver superato la Brenta, entravano a Fontaniva e poco dopo da Porta Vicenza anche a Cittadella.
Quella stessa mattina due soldati tedeschi, forse deliranti e accecati da una guerra cruenta non intendevano arrendersi, si erano nascosti in un tombino posto all’altezza dell’incrocio tra Via Monte Grappa e Via G. Leopardi, lungo il fossato che correva parallelamente la Roggia Cappello.
I partigiani locali si erano posti anch’essi lungo il canale più a nord in corrispondenza della casa di “Eto can” pressoché di fronte all’attuale Officina meccanica Novelletto.
Gli spari si susseguivano senza tregua e i primi ad esserne vittime furono Giovanni Cecchin “baioffa” (24enne), Donanzan Alfredo (26enne) e Ottorino Rizzetto (24enne). Un loro compagno, Dante Guidolin “baldisera” (25enne), corse in canonica riferendo a don Fausto Callegari e a don Giuseppe Mazzarotto l’accaduto, richiedendo il loro intervento per gli estremi uffici sacri.
Don Fausto Callegari, fervente patriota, si offerse per l’impresa. Egli era giunto a Galliera in incognito senza notificare il suo arrivo in Comune per paura di venire arrestato. Aveva infatti abbandonato i Colli asolani dopo la morte dell’amico dott. Versa avvenuta a seguito del rastrellamento del Grappa. Il Cappellano, munito di una bandierina bianca, con Rizzetto e una crocerossina si diressero verso il luogo della sparatoria dove giacevano morenti i tre gallierani.
Non furono però risparmiati dal fuoco nemico che colpì mortalmente don Fausto Callegari e Dante Guidolin. Nel frattempo altri partigiani e patrioti erano accorsi e uno fra essi, l’alpino Vito Olivetti di Campagnalta (20enne), e recentemente scomparso, era giunto a Galliera sopra un carro armato americano, facente parte della colonna proveniente da Cittadella che continuava la liberazione. Sentiti gli spari e accorso subito, dopo l’accaduto entrò prontamente in azione. Ma anche lui fu fatto oggetto di una nutrita sparatoria nemica, nel corso della quale un proiettile lo privò della vista trapassando le orbite. Eroicamente continuò a sparare per indicare ai compagni il luogo preciso dove si erano rintanati i due tedeschi. Fu poi portato per le cure mediche all’ospedale militare tedesco posto nella Villa Imperiale, che nonostante la ritirata tedesca, era ancora presieduto dal personale medico tedesco e dall’interprete. Alcuni compagni si precipitarono dagli Alleati in transito e poco dopo un carro armato americano con una cannonata poneva fine a quell’insensata lotta. L’atto eroico di Vito Olivetti fu riconosciuto dalla Commissione che gli assegnò la medaglia d’oro al Valor Militare.
A ricordo di quei 5 giovani caduti fu posta una lapide sul preciso punto dove erano nascosti i due soldati nemici, successivamente fù spostata nell’attuale collocazione.
 
Quei giorni senza respiro, sospesi, ebbero la loro tragica fine.
Auspico fortemente che chiunque sia a conoscenza di avvenimenti che riguardano il proprio paese, la propria terra, senta l’impegno di tramandarle ai posteri, affinché essi sappiano che ciò che godono nel tempo presente è stato frutto di sacrifici di vite umane e di slanci eroici da parte di giovani che credettero in una speranza di redenzione del popolo italiano e veneto.
 
Dobbiamo impegnarci – come ancora molti fanno – per non lasciare spazio all’indifferenza, alla trascuratezza, alla furbizia, alla logica del privilegio; per avere a cuore la nostra terra e la nostra gente; per rifondare e mantenere la cultura della legalità, il senso della responsabilità; perché i principi di libertà, giustizia e uguaglianza siano punti fermi nelle scelte politiche e nella nostra quotidianità .
È solo così che davvero celebreremo il 25 aprile.
 
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA LA DEMOCRAZIA!



 



 


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